La Giunta dell'Unione: composta da tutti i Sindaci dei comuni appartenenti all'Unione
Il Consiglio dell'Unione: composto da 17 consiglieri fra cui, oltre la Giunta, sono presenti 5 consiglieri di maggioranza e 5 consiglieri di minoranza in rappresentanza delle "maggioranze" e delle "minoranze" dei consigli comunali dei comuni appartenenti all'Unione .I consiglieri esclusi hanno facoltà di partecipare alle sedute in qualità di osservatori.
L'Unione medAniene ha sede a Roviano in Piazza della Repubblica, 4 – 00027. Il Presidente, nominato a rotazione tra i Sindaci dei Comuni aderenti all’Unione MedAniene, per la durata di anni uno. Attualmente il Presidente dell’Unione MedAniene è il Sindaco del Comune di Arsoli fino al 30.6.2010.
CENNI STORICI DEI SINGOLI COMUNI FACENTI PARTE DELL’UNIONE MEDANIENE
Comune di Arsoli
Sicuramente l’origine è alquanto remota se gli storici attestano che il territorio di Arsoli appartenne prima agli Equi che vi avrebbero istallato un avamposto e se nel territorio attraversato dall’antica consolare Valeria sono stati trovati reperti d’epoca romana e due cippi miliari, uno dell’epoca di Nerva e uno dell’epoca di Massenzio. Soprattutto questa seconda affermazione è avvalorata dal ritrovamento (nel 1994) di resti di una villa rustica risalente al II sec. a.C. in località Valle dell’Acqua santa a non molta distanza dalle sorgenti dell’acquedotto Marcio la cui costruzione pure risale a quei secoli.
Per la sua posizione di passaggio verso il versante abruzzese, la zona fu attraversata da orde barbariche di diversa provenienza.
Nell’alta Valle dell’Aniene giunsero poi i seguaci di San Benedetto che ad Arsoli edificò uno dei suoi tredici monasteri, quello di Sant’Andrea. I monaci, oltre che bonificare la valle vi promossero quell’incastellamento che ci riconduce a notizie datate.
Atto di nascita di Arsoli come comunità può essere considerato il documento numero 13, il General Privilegio di Papa Gregorio V del 28 giugno 997, pubblicato su Regesto sublacense del secolo XI.
Il paese assunse il nome dal colle sulle cui pendici si adagia l'abitato, MONS QUI VOCATUR SAXA SEU ARSULA, monte che si chiama sasso o arsula, rupe o roccia a strapiombo, definizione che si trova in altri documenti del già citato Regesto.
Dai monaci il feudo passò nel XIII secolo ai Passamonti, la famiglia che ebbe tra i suoi membri il capitano di ventura Amico d’Arsoli.
Questi nel 1536, dopo lotte intestine all’interno della famiglia, cedettero il paese agli Zambeccari, nobili bolognesi che solo dopo qualche anno, dopo aver restaurato il castello nel 1555 già devastato da truppe straniere di passaggio, se ne disfecero sia per le condizioni precarie che per i contrasti con la popolazione. E’ nel 1574 che a questi subentrarono i Massimo che lo detengono tutt’oggi.
Fabrizio Massimo, che aveva acquistato il feudo su consiglio di San Filippo Neri, suo amico e confessore, provvide immediatamente all’ampliamento del castello, al restauro delle chiese e del paese e alla realizzazione nel 1591, con il concorso della popolazione, dell’acquedotto di Fonte Petricca.
Questo illuminato signore diede al paese nel 1584 uno Statuto compilato dal giureconsulto Luca Peto assistito da un rappresentante eletto democraticamente dalla comunità.
Vennero poi momenti tristi per gli arsolani che subirono le scorribande del brigante Marco Sciarra nel 1591 e la terribile peste che nel 1656, in soli tre mesi, ridusse gli abitanti da novecento a centoquarantacinque.
I Massimo adottarono allora una serie di provvedimenti per il ripopolamento; furono aperta una concia per le pelli, una fabbrica di materiali in argilla, una fabbrica di tessuti, un frantoio, una mola per la macinazione dei cereali, fu istituito il mercato settimanale del venerdì e, nel castello, una farmacia e un teatro.
Un documento datato 1668 reca la prima versione dello stemma del Comune, uno scudo tondo con al centro l’araba fenice sul rogo e la scritta Comunitas terrae arsolarum che, viste le alterne vicende di continue disgrazie e rinascite fu poi sostituita con quella ancora attuale Posta fata resurgo.
La presenza della Famiglia Massimo, ascesa prima al titolo di marchese e poi a quello di principe, ed il rifiorire del paese, diedero il via ad una serie di visite illustri: Giacomo III d’Inghilterra nel 1773, papa Gregorio XVI nel 1834, Giuseppe Garibaldi nell’aprile del 1849 e, in tempi più recenti, Luigi Pirandello, Benito Mussolini ed il principe ereditario Umberto di Savoia.
Con lo scorrere dei secoli il tessuto urbano si è consolidato, assumendo una certa rilevanza intorno alla rocca e, nonostante il tempo trascorso, ha mantenuto pressochè intatte tutte le sue caratteristiche che gli avvalsero, proprio da parte di Pirandello, l’appellativo di “piccola Parigi”.
Comune di Roviano
Il Comune di Roviano dista 56 km da Roma ed è situato su un colle calcareo dell’Appennino laziale a 523 metri s.l.m., al confine tra i due importanti parchi della regione, quello dei Monti Lucretili e quello dei Monti Simbruini.Il territorio corrispondente a quello dell’attuale Roviano risulta popolato sin dal Paleolitico, in virtù della prossimità al fiume Aniene e della posizione strategica occupata nell’omonima Valle. Il paesaggio di Roviano offre numerosi resti archeologici risalenti all’epoca della dominazione del popolo preromano degli Equi, in particolare i resti delle mura poligonali.
Il Ponte Scotonico o Scutonico, parte integrante del tracciato dell’antica via Valeria, rappresenta invece il manufatto di età romana più rilevante della zona; a Roviano si rintracciano inoltre resti archeologici di ville rustiche di età repubblicana, nonché tratti di due dei quattro grandi acquedotti aniensi (Aqua Marcia e Aqua Claudia).
Di epoca più tarda sono infine i ruderi dell’antico Castrum Rubianelli e di S. Maria dell’Olivo, citata nel Regesto Sublacense quale chiesa rurale di Roviano. Sempre dal Regesto Sublacense si apprende inoltre che la prima citazione ufficiale del Castrum Rubiani risale al 997 d.C.
In epoca medievale, successivamente alla sottomissione a blande dominazioni locali, Roviano suscitò l’interesse della potente famiglia romana dei Colonna, i quali lasciarono un’impronta indelebile sia nella costituzione e stesura dello Statuto che nell’edificazione del castello. Il Palazzo (o castello) Baronale di Roviano, la cui torre merlata domina ancora oggi il paese e la Valle, è il cuore del borgo antico, cui si accede attraverso la Porta Scaramuccia, costruita in stile gotico nel XIV secolo. Oggi il castello è la suggestiva sede del Museo della Civiltà Contadina Valle dell’Aniene, il primo a carattere demo - etno - antropologico del Lazio. Di fronte al castello si erge l’antica Chiesa Parrocchiale di Roviano dedicata al patrono S. Giovanni Battista decollato, che accoglie anche le spoglie di S. Fortunato Martire.
Le complicate vicende dinastiche dei baroni romani, e le numerose segmentazioni del lignaggio, portarono ad una drastica riduzione del feudo rovianese, che fu infine venduto nel 1625 a Carlo Barberini. Alla metà del XIX secolo Roviano passò a Camillo Massimo; nel 1902 la proprietà fu acquistata dai Brancaccio, gli ultimi nobili che possedettero Roviano.
Domina la piazza principale del paese moderno la Chiesa della Madonna del Rosario, costruita dai rovianesi tra il 1947 e il 1951. La festa patronale è celebrata il 29 agosto: alle celebrazioni religiose segue la tradizionale Panarda, la cena in piazza che riunisce tutta la popolazione. Altri momenti particolarmente sentiti dalla devozione popolare sono quelli legati al tradizionale pellegrinaggio di S. Anna, che si svolge dal 24 al 26 luglio verso il santuario della SS. ma Trinità di Vallepietra, alle celebrazioni dell’Assunta ( 15 Agosto ), del Nome di Maria ( seconda Domenica di Settembre ), di San Fortunato ( secondo Lunedì di Settembre ) e della Madonna del Rosario ( prima Domenica di Ottobre ). In Giugno, la festa del Corpus Domini è allietata dall’Infiorata, che prevede l’allestimento di tappeti con petali e segatura multicolore lungo tutto il percorso della processione.
Le Confraternite di S. Giovanni, Santa Barbara, S. Antonio e S. Francesco, insieme ai gruppi di preghiera femminili, al Complesso Bandistico G. Rossini e al Gruppo Scout, animano le processioni e le festività religiose. Le feste popolari, come il Carnevale, la Sagra dei Cuzzi cò j’ajju o La Sagra dejju Salavaticu, ecc., sono realizzate invece con il contributo fondamentale della Pro Loco e del Centro Anziani: molto suggestiva la Battitura dell’Orzo, la rievocazione cioè di una giornata di lavoro estivo nei campi durante la mietitura la trebbiatura.
A Roviano sono attivi inoltre il coro polifonico Gens Rubria, la Comunità Giovanile Roviano, l’associazione di cultura cinematografica Il Raggio Verde e ben due squadre di calcio, il Roviano Team Service e il Real Roviano. Senza dimenticare la curiosa associazione della Marzella, i cui affiliati, tutti esclusivamente uomini, celebrano con voluta goliardia la virilità e la gioventù.
Un cenno particolare per il posto speciale che occupa nel cuore dei rovianesi, merita infine il gemellaggio con il paese spagnolo - catalano di Altafulla, centro affacciato sul Mediterraneo situato ad 11 km. di distanza da Tarragona.
I prodotti tipici della cucina rovianese vengono preparati con prodotti locali, e ne richiamano, con la loro semplicità, le origini contadine. Tra le paste fatte in casa (come le sagne, la ramiccia, i maccarunitti) spiccano i cuzzi, preparati impastando acqua, farina di grano e farina di mais. Ugualmente tipica è la frittella chiamata salavaticu. Secondo la tradizione, durante le festività natalizie si preparano invece i frittejji, un tempo consumati soprattutto durante la giornata del 24 Dicembre in attesa del cenone della Vigilia. Tra i dolci si ricordano i ciammellitti, i mustaccioli, il pangialle di Natale e la ciammèlla.
Comune di Anticoli Corrado
Anticoli Corrado è un luogo pittoresco, ricco di natura, paesaggi e testimonianze culturali: esse spaziano dall’età romana e preromana al basso medioevo, al rinascimento, al ‘700 e ‘800, come testimoniano i palazzetti nobiliari tuttora esistenti ed agibili. Il territorio sul quale è nato il paese era già considerato antica località nel secolo VII ed era iscritto nell’elenco dei beni di proprietà del monastero benedettino di S. Erasmo al Celio riportato dal Regesto sublacense (sec. X – XI). Esso compariva nella lingua greca come fondo antico e in quella latina, come anticus locus, termine dal quale, molto probabilmente è derivato, per contrazione, il nome di Anticoli.Tale nome fu usato per primo dai monaci benedettini di Subiaco che vi costruirono il castello intorno all’anno Mille. Lo testimonia la colonna marmorea che si trova nel chiostro del monastero di Santa Scolastica in Subiaco, fatta erigere nell’anno 1052 dall’abate Umberto. Essa riporta scolpiti nella pietra i nomi dei primi dieci castelli benedettini e tra di essi figura Anticulum con il nome già contratto. Nei secoli seguenti (XIII, XIV E XV) il paese fu possedimento della famiglia di Corrado “de Antiochia”, che era nipote dell’imperatore Federico II di Svevia e cugino di sangue di Corradino. Grazie a Corrado capostipite della illustre famiglia imperiale Anticoli diventerà Anticoli Corrado. E’ interessante osservare, a tale proposito, che già nel “Chronicon” del monastero sublacense del 1573 il paese figura con il nome di Anticulum Corradi oppidum, Castello di Anticoli Corrado. A seguito della vendita dello stesso ai colonnesi di papa Martino V (1430), il paese acquisterà il nome dei nuovi padroni e si chiamerà Anticoli dei Colonna. Titolo che conserverà quasi fino alla annessione del territorio pontificio al Regno d’Italia (1870); dopodiché tornerà a chiamarsi con il titolo originario di Anticoli Corrado.
Un paese ricco di storia dunque già conosciuto nel VII secolo; un paese antico come testimonia il suo storico nome; un paese che conserva la notorietà attraverso i secoli. Ne è testimonianza, la testimonianza, la relazione di una visita pastorale fatta dal vescovo di Tivoli nell’anno 1772 nella quale si parla di terra generosa di bellezze ambientali, di chiese vetuste, di antichi dipinti, di uomini illustri.
Comune di Cineto Romano
In provincia di Roma, nella media Valle dell’Aniene, sulla riva destra del fiume, Cineto Romano sorge in posizione dominante sul Colle Peschiero, sovrastato da una parte dalla storica e turrita rocca baronale. E’ attorniato da una catena di monti detta delle Serre tra i quali domina il Monte Aguzzo con i suoi 1067 mt. Confina a Nord con Vallinfreda, a Nord- Est con Riofreddo, a Sud-Est con Roviano, a Sud con Articoli Corrado, a Sud-Ovest con Mandela e a Nord-Ovest con Percile; dista 55 Km dalla Capitale. Nel 1884 cambiò l’antico nome di Scarpa con quello attuale. Infatti il Comune rilevava la convenienza di tale cambiamento di nome "per la bruttezza e viltà della denominazione di Scarpa" e proponeva di sostituirla con quella di Cineto Romano in riguardo al profondo cratere - singolarità geologica del luogo - tramandato dall'antichità col nome di Cineto (o pozzo Cinetto).
Un tempo la sua vita economica poggiava sull’agricoltura (producendo olio, frumento, farro e granoturco) e l’allevamento; tra i prodotti per i quali esso era celebrato, predominavano sicuramente i fiori. Oggi le attività economiche che impiegano maggiormente la popolazione sono quelle del settore terziario
Comune di Riofreddo
La particolare posizione geografica di quello che sarà il territorio di Riofreddo determina fin dall’età preistorica una notevole frequentazione dello stesso come testimoniano i ritrovamenti di numerosi reperti,tra cui una lama di ossidiana, un bulino e un'ascia levigata già citata dal Pigorini. Numerose poi sono anche le testimonianze dalla fase finale del bronzo a quella del ferro, della cosidetta civiltà appenninica. Sono resti di abitati fortificati posti su alture e frammenti di ceramica piuttosto rozza di produzione locale. Agli inizi del IV secolo vi troviamo stanziati gli Equi, popolo appartenente al gruppo osco-sannita che vi costruirono “vici” e “oppida”, in Località Casale Civitella è stata di recente portata alla luce dalla Sovrintendenza archeologica del Lazio una loro necropoli. A conclusione di una lunga guerra i romani li sottomisero e romanizzarono la zona con l’impianto della Via Valeria ( che comunque ricalcava antichi tracciati di commercio e transumanza) e con la fondazione della colonia di Carsioli (298 a.C.), di cui faceva parte anche il territorio su cui sorgerà poi Riofreddo.L’asse naturale di congiunzione tra le regioni tirreniche e quelle adriatiche,tra l’Italia centrale e quella meridionale, ne determina l’importanza strategico-militare nonché quella economica dal periodo equo a quello romano poi via-via fino ai nostri giorni. Infatti il territorio mantiene la sua importanza anche durante le invasioni barbariche. Con l’avvento dei Longobardi e con la conseguente disgregazione politica dell’Italia, esso assume un’importanza anche “politica” dovuta alla sua posizione di confine. Legato a Carsoli farà parte del Ducato Longobardo di Spoleto e della gran contea dei Marsi, ai limiti dello Stato Pontificio.Tra questo periodo storico e il successivo, che vede i Normanni costruire un regno nel sud dell’Italia, avviene però un cambiamento radicale, forse frutto anche dei molteplici interessi delle grandi abbazie di Farfa e di Subiaco, delle numerose diocesi che qui convergevano ( la tiburtina, la marsicana, la reatina e la sabina) e delle potenti consorterie locali. Il futuro territorio di Riofreddo si stacca da quello di Carsoli che rimarrà nel regno Normanno, e passa definitivamente allo Stato Pontificio, mentre al suo confine si avvicenderanno gli Agioini, gli Aragonesi ed infine i Borboni. In epoche più recenti, tra l’VIII e il IX secolo d.C., nella zona che si trova di fronte alla via Tiburtina-Valeria, all’incrocio delle quattro strade e ai confini con il territorio detto Piana del Cavaliere in area abruzzese, è edificato il Convento di S.Giorgio a opera dei monaci benedettini (o forse basiliani). E’ un importante snodo di comunicazione che domina il crocevia commerciale e culturale sulla via Valeria ai confini fra i territori limitrofi fino ai XVII-XVIII secolo.
Il primo accenno al nome Riofreddo, che in seguito caratterizzerà il territorio, si trova tra i documenti del monastero Sublacense e precisamente in un Privilegio di Papa Nicolò I, a conferma dei possedimenti del monastero stesso, in data 20 agosto 867, ove è citato il "fundum" di San Giorgio, che comprende anche " l'aqua qui vocatur frigida seu timida".
Non sappiamo poi quando il termine "aqua frigida" divenisse "rivus frigidus" ma è certo che esso appare documentato per la prima volta nel 1157 quale luogo di origine di Bernardo (Bernardus de Rivofrigido) testimone di un atto di investitura fatto da Papa Adriano IV. La trasformazione del toponimo parrebbe coincidere con il sorgere del castello. Non è ancora possibile documentare quando questo sia stato edificato, ma è certo che al tempo di Nicolò I il territorio era popolato da gruppi sparsi che abitavano in casali e che si raccoglievano intorno ad alcune pievi per celebrare cerimonie e riti comuni, mentre nel 1157 era già sorto un castello, che aveva assunto il nome di "Rivus Frigidus". In questo passaggio è interessante notare come il culto dei santi (Giorgio, Marco ed Elia), già venerati nelle pievi, viene rinnovato nella chiesa castrale e successivamente determina il nome dei "quarti" in cui fu diviso tutto il territorio ai fini dello sfruttamento agricolo. E' probabile che il Bernardo citato nel 1157 fosse un membro della famiglia Colonna, che è sicuramente presente in Riofreddo, in torno al 1287, nella figura di Landolfo Colonna "miles Rivifrigidi et Rubiani dominus". Con Landolfo inizia una documentazione puntuale di questo ramo dei Colonna, i cosidetti "Colonna di Riofreddo", che saranno legati al paese, tra alterne vicende, fino alla fine del XVI secolo. In tutto questo periodo essi parteciperanno direttamente o indirettamente ai grandi eventi storici, talvolta insieme alla loro potente famiglia, talvolta divisi da essa. Infatti nella controversia tra i Colonna e Bonifacio VIII, si schierarono con il Papa; ciononostante, quest'ultimo, senza alcun apparente motivo, confiscò loro Riofreddo e lo assegnò agli Orsini, che lo possedettero quindi per un breve periodo. Inoltre nel 1500 Papa Alessandro VI affidò Riofreddo, seppure per un tempo limitato, a Cesare Borgia, Abbate Commendatario di Subiaco. Il paese era, però, ancora sotto i Colonna nel 1550 quando fu stilato lo "statuto", documento per altro mai approvato dal Pontefice, e che scomparve a soli cinque anni dalla sua formulazione, sostituito da una copia di sospetta autenticità. Gli ultimi anni della presenza dei Colonna in Riofreddo, furono infine caratterizzati da lunghe vertenze fra una numerosa schiera di coeredi. In seguito, con due atti separati, uno del 1554 e l'altro del 1560, monsignor Paolo del Drago, protonotaro apostolico, acquistò il castello di Riofreddo, che fu eletto a marchesato nel 1621 da Papa Grgorio XV. E' importante ricordare, quale avvenimento eccezionale, l'epidemia di peste che nel 1683 colpì molto duramente il paese, in quanto rese necessaria l'immigrazione di forestieri per ripopolarlo. I nuovi signori non furono bene accetti ai Riofreddani in quanto incominciarono ad imporre tasse, gabelle e pagamenti vari che gravavano particolarmente su quei generi necessari ad un sostentamento già precario di una popolazione povera; rivendicavano inoltre i diritti feudali quali il diritto fondiario e quello di succedere all’eredità di coloro che morivano senza figli: titoli tutti questi che non potevano aver acquistato dai Colonna in quanto essi non ne godevano. I trecento anni che vedono protagonisti i del Drago si caratterizzano quindi in lunghe e costose controversie giudiziarie che terminano solo nel 1795 e trovarono una definitiva soluzione nel 1804, grazie ad un accordo con il quale i Riofreddani riconoscevano ai del Drago la proprietà della vasta estensione della macchia di Sesera e questi, dal canto loro, rinunciavano a tutti i privilegi baronali. Ma ormai, con la rivoluzione francese, si era aperta una nuova era, che porrà fine ad ogni retaggio medievale per cui i diritti feudali, pretesi dalla nobiltà, sarebbero comunque decaduti in breve tempo. Riofreddo vive alcuni mesi di un’esperienza esaltante al tempo della repubblica Romana del 1798-1799, quando si trova ad essere capoluogo del cantone omonimo, il 6° dipartimento del Tevere. Il cantone comprendeva oltre al territorio di Riofreddo, quelli di Vallinfreda, Vivaro, Arsoli, Ro viano,Cineto (allora: “Scarpa”), Anticoli, Sambuci, Saracinesco, Civitella, Licenza, Rocca Giovine, Percile. Dal secolo XVII e poi sempre più nel XVIII e fino agli albori del XIX, è documentata a Riofreddo una numerosa categoria di commercianti e di carrettieri, un fiorente artigianato, una classe imprenditoriale piuttosto abile e a volte spregiudicata. Nel secolo XIX poi Riofreddo diventerà luogo rinomato di villeggiatura, favorito in ciò anche e non solo dalla presenza di Ricciotti Garibaldi, figlio di Giuseppe e Annita, il quale vi eresse un “castello”, oggi più propriamente chiamato Villa Garibaldi e sede del “Museo delle Culture”.
Comune di Vallinfreda
Il piccolo paese di Vallinfreda si estende a 847 metri sulle pendici del monte Croce con una suggestiva veduta sulla Piana del Cavaliere, il Monte Velino e il Terminillo. È facilmente raggiungibile in macchina prendendo l’autostrada A24 Roma-L’Aquila (uscita casello Vicovaro Mandela, oppure Carsoli-Oricola, bivio per Riofreddo-Vallinfreda-Vivaro Romano), oppure seguendo la strada statale Tiburtina Valeria fino al Km 63,400, dove si incontra il bivio a sinistra per Riofreddo-Vallinfreda-Vivaro Romano.
Interessanti monumenti abbelliscono il centro abitato del paese e rilassanti sentieri attraversano il territorio circondato da una natura rigogliosa e incontaminata. Da vedere la Chiesa di S. Michele Arcangelo, di aspetto barocco, che conserva all’altare maggiore una tela del Romanino (XVI secolo circa), e un organo originale del XVIII secolo; l’Oratorio del Santissimo Crocifisso, nato dal recupero del primo nucleo della chiesa rinascimentale; il Palazzo Bencivenga, cinquecentesco, sulla cui facciata spiccano il bellissimo portale in pietra e le pregevoli decorazioni delle finestre; la Rocca di cui si riconoscono ancora otto torri sparse nei vari punti strategici del paese; i ruderi di Portica, munito castello dei Colonna che ebbero in proprietà la cittadina intorno al XIV secolo; la grotta di “Re Pipino”, ovvero il re Pipino di Francia, figlio di Carlo Magno, che forse passò con le sue truppe anche per Vallinfreda. La cavità della grotta è lunga circa 15 metri e consta di due camere la cui volta è alta dai 2 ai 2,5 metri.
Ampie zone del territorio sono colorate dalle rose “canine” e da rovi, mentre gran parte dei vigneti e dei frutteti, già recinti e fiorenti, sono sommersi da enormi quantità di sterpaglia fra cui predomina il biancospino. Piacevoli passeggiate, conciliate dall’aria frizzantina mossa dal ponentino pomeridiano, si snodano lungo i sentieri naturali come quello “Costa la Tiglia” che inizia dalla piazza di Vallinfreda, seguendo la strada provinciale 38A in direzione di Rioffredo. Dopo circa 100 metri si trova il fontanile dell’acqua del Peschio dopodichè il sentiero si dirama in due direzion, uno (a sud-est) porta alla Grotta di Re Pipino, l’altro (a nord-ovest) inoltra all’interno della macchia sino ad arrivare alla sorgente Acqua del Peschio. Proseguendo si arriva in prossimità di una deviazione che conduce sino al Monte Aguzzo, la montagna più alta di Vallinfreda.
Gli amanti della natura possono visitare il Parco di Villa Tortima, una piccola zona boschiva molto suggestiva, recentemente sistemata dal Comune, che conserva particolari specie arboree tra cui la Sequoia e il Pino Silvestre.
Comune di Vivaro Romano
Di origine equa, Vivaro è costruito su uno sperone di roccia chiamato Colle Gennaro a 757 metri di altitudine. Il territorio del comune di estende per oltre 12 Kmqm con circa 500 metri di dislivello, dai 569 dei piani ai 1081 del Monte Croce. I ruscelli Sésera e Carecarone per secoli hanno segnato il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio. Il nome Vivarium o Vivarus o Bibarus è di derivazione incerta venne attribuito probabilmente per l’abbondanza della acque, come parrebbe confermare il nome Peschiera dato alla piazza centrale dell’abitato. Il primo documento storico sul Castello di Vivaro ce lo offre il Regesto dell’abbazia di S. Maria in Farfa, della quale Vivaro era feudo, e risale all’anno 1012. Le successive vicende del Castello si confondono con la storia del paese: molti furono i signori del Vivaro, finché nel 1609 il papa Paolo V Borghese lo acquistò per il nipote Marco Antonio. Il paese divenne Comune italiano nel 1870, assumendo il nome di Vivaro Romano. SANTO PATRONO: SAN BIAGIO V. e .M (festa 3 febbraio)COMPATRONA: MARIA SS. ILLUMINATA (4-5-6 agosto)ROCCA BORGHESE La Rocca Borghese risale alla metà del XIV secolo. Nel 1609 il Papa Paolo V Borghese l’acquistò per il nipote Marco Antonio . Durante l’insorgenza contadina antifrancese del 1799 il Castello fu distrutto. Attualmente la rocca è oggetto di una vasta opera di recupero da parte del Comune che l’ha acquisita: suggestivo è il teatro all’aperto realizzato nei giardini interni; in allestimento è il museo di tradizioni locali all’interno della Torretta; in attuazione anche un recupero archeologico. SANTUARIO DI MARIA SS. ILLUMINATA Il Santuario di Maria SS. Illuminata sorge in località “le Pantane” in cui la leggenda vuole che sia stata ritrovata, occultata al tempo delle scorribande saracene, l’icona bizantina della Madonna Illuminata, che prende il nome dal misterioso fascio di luce che avvolse il punto in cui era sepolta. Il santuario è nominato per la prima volta in una bolla di Urbano IV nel 1262. Suggestiva la fiaccolata notturna che si svolge il 4 agosto dal santuario al paese. CHIESA DI SAN BIAGIO V. e M. La chiesa di San Biagio si appresta a compiere 100 anni. Fu consacrata, infatti, il 5 agosto 1910. La costruzione, a tre navate di stile romanico, fu edificata nel luogo in cui sorgeva l’antica. All’interno si trovano affreschi del Galimberti, di pittori della scuola romana, un originale organo pneumatico dei fratelli Rieger. RISORSE NATURALISTICHE Sorgente “La Nocchia”, acqua con proprietà diuretiche e salutari.